In tempi di Coronavirus, Scienza e Istituzioni si sono dati un obbiettivo comune: gestire dapprima l’emergenza sanitaria e programmare poi, cioè ora, l’emergenza economica.
Giusto e logico, anche se, ricordiamolo, i due mondi, quello scientifico e quello politico, si nutrono di presupposti diversi e utilizzano anche in modalità diversa, molto spesso, comunicazioni e annunci.
Detto questo, e dopo aver vissuto sulla nostra pelle i balbettii e le incertezze incrociate che hanno caratterizzato i due mesi cruciali vissuti fra l’espandersi inesorabile del virus e un angosciante e frenetico, ma incerto, progetto di contenimento, siamo ora alle prese con l’ennesima squadra di esperti, la Task Force guidata da Vittorio Colao, che ha il compito di indicare tempi e modi per la ripresa di una parvenza di vita collettiva e la ‘riapertura’, soprattutto produttiva, del Paese.
Fin qui nulla da eccepire, se non, forse, il fatto che 17 ‘esperti’ che affiancano gli scienziati per poi riferire le loro conclusioni al Governo sono davvero un po’ tanti e non è difficile ipotizzare che il già complesso compito e l’accidentato percorso da esperire diventi ancor più difficoltoso per ovvie e inevitabili contrapposizioni interne che avranno, temiamo, come conseguenza la necessità di mediare fortemente per non creare lacerazioni poco funzionali oltre che poco opportune in questo momento.
Quindi aspettiamoci soluzioni e proposte non proprio originali o innovative nella sostanza.
In ogni caso, politica e ‘scienza’, condannate in questo frangente a collaborare per onorare, in teoria, l’impegno a ‘ripartire’ il prima possibile, mandano già segnali di esigenze poco omogenee, come dimostra, da una parte l’affermazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che annunciando la proroga delle misure restrittive fino al 3 maggio assicurava che si sarebbe comunque fatto di tutto per allentare tali misure anche prima della scadenza indicata, e dall’altra una certa prudenza dichiarata senza tanti giri di parole da una ‘scienza’ decisamente più attendista.
Inevitabile, si dirà, politici e scienziati fanno un ‘lavoro’ diverso. D’accordo, ne prendiamo atto e, a questo punto, ci aspettiamo una ragionevole e accettabile soluzione mediata e di compromesso fra le due diverse visioni ed esigenze che riguardano il non facile problema.
Ma non è proprio così, o, almeno, non solo.
Sì, perché la ‘task force’ deve, certo, fare riferimento al Governo Centrale, ma non può ignorare, e in queste settimane ne abbiamo viste davvero di tutti i colori, la libertà d’azione delle Regioni, autonomia riconosciuta dallo stesso Conte nonostante gli scontri e le discussioni con diversi governatori, primo fra tutti il lombardo Fontana.
A questo punto si delinea uno scenario che introduce ulteriori motivi di perplessità: se le indicazioni della squadra di Colao non verranno recepite a livello nazionale, a che cosa sarà servito il lavoro svolto dalla ‘task force’?
Saranno le Regioni a dover evitare distinguo e fughe in avanti, o sarà il Governo che dovrà comporre le inevitabili eccezioni che la grande eterogeneità del nostro territorio propone ad ogni piè sospinto?
Proviamo a ricapitolare: una ‘task force’ di ben 17 persone deve, primo, interagire col Comitato Scientifico creato per combattere l’emergenza sanitaria, secondo, trovare una sintesi al suo interno per stilare una proposta efficace e non banale al Governo che, terzo, dovrà, a sua volta, non solo accettarla senza troppe eccezioni ma anche fare in modo che, quarto, le diverse e tendenzialmente centrifughe Regioni, forti di attribuzioni autonomistiche faticosamente conquistate, si adeguino senza obbiettare o senza modificare le soluzioni proposte.
Non semplice, diciamo noi, perché un percorso come questo, che perfino in Paesi politicamente più compatti e ordinati del nostro sarebbe mal digerito, per il Bel Paese è una sorta di prova suprema, un evidente snaturamento dell’indole individualista che ci contraddistingue e che la stessa compagine di Governo avvalora esibendosi, all’occorrenza, in contorsionismi ideologici e progettuali non certo esemplari. Come è accaduto, tanto per ‘non fare nomi’, un paio di giorni fa all’Europarlamento in occasione della votazione sulle misure economiche da varare per scongiurare la ‘crisi’ da virus.
Bene, la risoluzione, incentrata sulla opportunità di un intervento coordinato della UE in favore degli stati colpiti dalla pandemia, è stata in realtà occasione per mostrare, qualora ce ne fosse bisogno, l’ordine sparso che contraddistingue la politica italiana, dividendo sì le forze di maggioranza, con Pd a favore e 5Stelle contrari, ma lacerando anche il cosiddetto ‘centrodestra’, con voti disgiunti delle tre forze politiche di opposizione.
Insomma, una sorta di babelico ‘tutti contro tutti’ che fa da prologo, poco incoraggiante, ai prossimi urgenti provvedimenti che hanno come compito, da far tremare i polsi, quello di salvare il nostro Paese, di tutelare la nostra dignità e di puntellare le vacillanti risorse economiche. Il tutto mentre riecheggia, con un velo di mestizia e qualche lecita perplessità, lo slogan martellante che tuttora ci accompagna in ogni dove come un mantra salvavita: “Uniti ce la faremo!”
Roberto Timelli