Secondo appuntamento della rubrica del dott. Massimo Converso, neuro psicomotricista e fisioterapista
“Fasi e momenti della terapia dei nostri bambini”
In questa seconda rubrica, che periodicamente ripropongo, verrà illustrato come lavoriamo all’interno del ns. studio con i vs. bambini, affinché comprendiate sempre meglio come le nostre scelte terapeutiche–educative (materiali, tempi, spazi, ecc.) non siano casuali ma conseguenti ad una valutazione e pensiero terapeutico-pedagogico, frutto di riflessione e di “pratica quotidiana”.
Uno degli aspetti che ritengo prioritari nel nostro studio, dall’immediata presa in carico del bambino, è quello di “riequilibrare“ i ritmi di vita dei bambini, che risultano di frequente “confusi” e quindi poter “legittimare” il loro tempo (quello dell’infanzia) e garantire/offrire loro la possibilità di “giocare, esplorare, dialogare, osservare, ascoltare, capire, apprendere” con sicurezza e tranquillità; sentirsi gradualmente padroni di se stessi e delle attività terapeutiche-educative che sperimentano e nelle quali si esercitano all’interno del setting neuro psicomotorio.
A tal proposito, uno dei consigli/concetti che “rimando” sempre ai genitori, contestualmente alla “presa in carico“ dei loro bambini, è quello di “riprendersi il giusto tempo”, quel “tempo“ che molti genitori dichiarano di non avere (ci manca il tempo!!). Ciò li porta nei confronti dei loro bambini a concedere “molto spazio e esclusivamente tempo“ alle attività programmate (scuola, sport, terapia, ecc.), dedicando a casa pochissimo tempo ad aspetti più pratici e quotidiani (come ad es. il riordino e l’insegnamento di regole; di corrette abitudini di igiene; il vestirsi/svestirsi; l’educazione alimentare, ecc.) che devono “essere svolti dal bambino” (e non dall’adulto) e quindi implementati/insegnati contestualmente agli altri percorsi di apprendimento e crescita del bambino (nel ns. caso contemporaneamente al percorso terapeutico).
Per i bambini l’apprendimento, la terapia e la quotidianità devono rappresentare un tutt’uno. Sia la routine terapeutica, sia la routine quotidiana non rappresentano una noiosa ripetizione di gesti-attività- ecc. ma devono “diventare“ il costante “incontro” con un tempo conosciuto e sicuro che fa stare bene il bambino; devono “diventare” un tempo atteso e previsto chegli danno sicurezza e lo invitano all’esplorazione, alla ricerca e alla voglia di apprendere.
Quello che da subito provo a spiegare ai genitori, è che non bisogna correre il rischio di far vivere al bambino due percorsi differenti; il bambino non può vivere solo uno spazio e un tempo programmato (come ad es. quello della terapia) da un “esperto”, ma deve inoltre poter sperimentare sempre, tempi e spazi di “quotidiana routine” dove poter “vivere” situazioni, attimi, gesti, sguardi, ecc. (che non possono/devono essere necessariamente documentati/valutati, come in genere avviene durante una terapia), ma solamente messi in atto dal bambino e sostenuti/incentivati dall’adulto per una sua ottimale “crescita e sviluppo psico-fisico”.