Riallacciandomi brevemente al recentissimo discorso del Presidente di Bankitalia, Ignazio Visco, vorrei commentare e riflettere a voce alta con voi su due passaggi della sua relazione che mi sembrano davvero imprescindibili.
Ha detto Visco: “Serve un nuovo rapporto tra Governo, imprese dell’economia reale e della finanza, istituzioni, società civile”. “L’Italia è chiamata ad uno straordinario sforzo per sfruttare le opportunità offerte meglio di quanto non abbia fatto negli ultimi decenni.”
Cioè, ci sembra di poter leggere fra le righe delle affermazioni di Visco, a che cosa serve dibattere, anche con una certa asprezza, quale strumento debba attuare l’UE per consentire all’Italia di rialzarsi se, perfino nella migliore delle ipotesi, non saremo poi in grado di trasformare in investimenti produttivi e lungimiranti i soldi che l’Europa ci metterà a disposizione?
A meno che qualcuno pensi ancora che l’uso che si dovrà fare sia quello di alimentare ulteriormente il flusso di denaro destinato ad un assistenzialismo complice e incontrollato capace solo di alimentare se stesso autorizzando richieste destinate ad ingrossare le fila degli improduttivi per professione?
O, ancora, assisteremo all’insensata tentazione di rendere concreto il progetto di utilizzare i soldi disponibili per puntellare il miraggio folle della “decrescita felice”?
Ha detto ancora Visco: “Ciò che soprattutto ci differenzia dalle altre economie avanzate è l’incidenza dell’economia sommersa e dell’evasione che si traduce in una pressione fiscale effettiva troppo elevata per quanti rispettano pienamente le regole”. “Serve un profondo ripensamento della struttura della tassazione, che tenga contro del rinnovamento del sistema di protezione sociale, ponendosi l’obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi”.
Considerazioni assolutamente legittime che non sfigurerebbero, senza voler peccare di blasfemia, nelle ‘tavole dei comandamenti’!
Solo con ‘meno tasse’, infatti, potremo davvero proporre più trasparenza e quindi più equità sociale, così che non sia sempre, o quasi, penalizzato chi paga a vantaggio di chi elude con scientifica pervicacia il proprio dovere di membro di una società fondata, come recita il primo articolo della Costituzione, “sul lavoro”!
Ma, aggiungiamo noi, tutto questo, che già costituirebbe un risultato e, insieme, una svolta straordinaria rispetto alle italiche abitudini e inclinazioni, potrebbe assolutamente non bastare se non si porrà mano con decisione e senza mezze misure, alla madre di tutti i problemi: cioè quella sburocratizzazione del Paese che tutti i politici, quale che sia la loro collocazione ideologica, auspicano e invocano, salvo poi non fare assolutamente nulla di concreto se non lasciare inalterato il problema stesso passandolo al Governo successivo se non addirittura alla generazione politica successiva!
Tutto questo, non sembra anche a voi l’incarnazione di quel famoso paradosso, “tutti ne parlano ma nessuno sa di che cosa!”
Roberto Timelli