Il 18 maggio si è celebrato il centenario della nascita di Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II nella piccola città polacca di Wadowice. Il giovane Karol, che purtroppo perse molto presto la madre, il fratello e infine il padre, amava la letteratura ed il teatro erano le sue passioni, dopo la laurea approfondì lo studio di queste materie. Poi per evitare di essere deportato in Germania per i lavori forzati, nell’autunno del 1940 iniziò a lavorare come operaio nella cava associata alla fabbrica chimica Solvay. Nell’autunno del 1942, prese la decisione definitiva di entrare nel Seminario di Cracovia, organizzato segretamente dall’arcivescovo di Cracovia Sapieha nella sua residenza.
Il 1° novembre 1946 fu ordinato sacerdote. La sua cultura non venne solo dai libri, ma anche traendo utili insegnamenti dal contesto specifico in cui lui ed il suo Paese si trovavano. Questo sarebbe stato un tratto peculiare che avrebbe contraddistinto tutta la sua vita ed attività. Quando il 16 ottobre 1978 il cardinale Wojtyla fu eletto Papa e Vescovo di Roma, dopo la fumata bianca, il neo Pontefice salutò la folla in piazza San Pietro pronunciando una frase che sarebbe entrata nella storia: “Se mi sbaglio mi corrigerete”, disse.
La Chiesa si trovava allora in una situazione drammatica. Le deliberazioni del Concilio furono presentate in pubblico come una disputa sulla fede stessa, che sembrava così priva del suo carattere di certezza infallibile e inviolabile
Così, dinnanzi al nuovo Papa si presentò di fatto un compito assai arduo da affrontare con le sole capacità umane. Dapprincipio, però, si rivelò in Giovanni Paolo II la capacità di suscitare una rinnovata ammirazione per Cristo e per la sua Chiesa. In principio furono le parole pronunciate per l’inizio del suo pontificato, il suo grido: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” e dopo queste parole il Santo Papa continuò dicendo “alla sua salvatrice podestà, aprite i confini degli Stati, i sistemi economici, come quelli politici i vasti campi della cultura, di civiltà, di sviluppo; non abbiate paura Cristo sa cosa è dentro l’uomo, solo lui lo sa!”.
A distanza di quarant’anni queste parole sono attuali. Questo tono caratterizzò tutto il suo pontificato rendendolo un rinnovatore e liberatore della Chiesa. Il fattore decisivo non fu quello di dubitare di tutto, ma di rinnovare tutto con gioia. Nei 104 grandi viaggi pastorali che condussero il Pontefice in tutto il mondo, predicò il Vangelo come una notizia gioiosa, spiegando così anche il dovere di ricevere il bene e il Cristo, presentò in modo nuovo la fede della Chiesa e il suo insegnamento umano. Inevitabilmente, quindi, suscitò opposizione nelle Chiese d’Occidente piene di dubbi.
“Il Papa non può essere prigioniero del Vaticano, deve tornare ad essere pellegrino come Pietro!”
Ricordiamo che fu il primo Papa nella storia a mettere piede in una sinagoga. Chiese perdono a nome della Chiesa agli ebrei, ai protestanti e agli ortodossi, cercando sempre il dialogo ecumenico con le altre religioni. Fu anche il primo Pontefice a vistare il campo di concentramento nazista di Auschwitz, nella sua Polonia.
Il 13 maggio 1981 quando Wojtyla subì l’attentato, il mondo intero pianse. A sparargli tre colpi di pistola in piazza San Pietro fu Ali Agca, killer professionista turco appartenente al movimento dei “Lupi Grigi”. Due anni più tardi, in occasione del Natale del 1983, Wojtyla incontrò il suo assalitore nel carcere di Rebibbia, a Roma perdonandolo!
I suoi viaggi, hanno aperto talvolta spiragli, talvolta finestre, talvolta portoni sul mondo. La storia ci dice, che dopo qualche anno non solo si sono aperte le porte ma sono caduti muri, che tenevano serrate porte che sembravano inviolabili.
Karol Wojtyla è il Papa dei giovani, milioni di giovani di tutto il mondo si sono avvicinati a Wojtyla alla chiesa, alla Sua parola, al suo sorriso e alla sua allegria, spalancando come diceva Lui tutto il suo amore per il prossimo.
Anche ai suoi funerali con milioni di fedeli in lacrime era presente. Quando una folata di vento sfogliò il Vangelo posto sulla sua bara era li, si divertiva, agitando il libro del Signore.
“Essere Cristiani non vuol dire essere tristi, l’allegria, la gioia, le risate sono terapeutiche, è la salvezza è il segno della gioia di avere incontrato Gesù Cristo di avergli aperto le porte, niente paura!”
Ciao Santità
Antonio Gervasio