Settimo appuntamento della rubrica del dott. Massimo Converso, neuro psicomotricista e fisioterapista
L’INTERVENTO PSICOMOTORIO “CON INIZIALE” DIAGNOSI DI SPETTRO AUTISTICO
In questo settimo appuntamento vorrei sinteticamente raccontare il percorso psicomotorio intrapreso con un mio bimbo di nome Nicolò, affetto da disturbo dello spettro autistico.
Nicolò è un bambino che “mi è arrivato” in terapia con una “chiara etichetta” diagnostica di disturbo dello spettro autistico, disturbo pervasivo dello sviluppo caratterizzato dalla presenza di deficit persistenti nella comunicazione e interazione sociale in presenza di comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive, nonché comportamenti problema.
Trattasi dunque di un’etichetta diagnostica che racchiude di frequente i bambini in una categoria ben precisa, non tenendo conto però che i soggetti colpiti da questo disturbo possono essere molto diversi tra loro, con caratteristiche ben precise e difficoltà circoscritte.
L’iniziale intento è stato quello di “ragionare” per strutturare e
pianificare un intervento personalizzato ed efficace, dopo ovviamente
una attenta analisi funzionale, dopo una oggettiva osservazione e
valutazione di Nicolò.
Considerata l’età di Nicolò, mi sono avvalso di una osservazione analitica effettuata durante una attività libera e poi strutturata. L’immediato intento è stato quello di entrare “delicatamente” nel mondo di questo bambino per identificare e elaborare un intervento su misura.
Primi incontri
Quando ho incontrato Nicolò per la prima volta, aveva 2 anni e 7 mesi.
Ovviamente considerata l’età, i primi
incontri furono svolti con la contemporanea presenza dei genitori (per
ovviare all’iniziale difficoltà del bambino di separarsi dalle figure
genitoriali) nella stanza di psicomotricità per giocare assieme.
La loro presenza in quello e in qualche successivo incontro è stata
fondamentale per scoprire le prime potenzialità del bambino, e
poter osservare lo scambio affettivo- emotivo e le risposte alle richieste di
Nicolò da parte dei genitori e quindi farmi un’idea di ciò che poteva essere il
supporto familiare come risorsa al mio lavoro, il tutto propedeutico a:
– accelerare il processo di conoscenza degli interessi/motivazioni di Nicolò;
– predisporre l’ambiente e le attività da strutturare al fine di creare una buona iniziale relazione (scambio e condivisione di emozioni);
– dare conferma a quelle che erano le mie prime osservazioni sul significato di comportamenti “ripetitivi o poco organizzati” che Nicolò metteva in atto per comunicare determinate necessità o certi aspetti sensoriali (piacevoli o sgradevoli).
Al terzo incontro Nicolò si è separato senza difficoltà dal padre e dalla madre, trovando nelle macchinine e nelle palline predisposte sul tappeto da me prima del suo arrivo, la giusta motivazione, permettendoci così di “attivarci reciprocamente” nel nostro gioco-lavoro!
Da dove è partito Nicolò?
L’iniziale valutazione funzionale ha
rappresentato lo strumento principale dell’intervento Psicomotorio.
Si è basata sull’ indagine anamnestica, sull’osservazione libera/strutturata e
il test di valutazione iniziale (Lap test); tutti elementi necessari per
la stesura del progetto di intervento centrato sulle esigenze,
potenzialità e disponibilità di Nicolò in quel determinato momento.
Devo dire che Nicolò ha mostrato svariate e fondamentali potenzialità e
disponibilità:
● Veglia intesa come disponibilità e interesse per l’ambiente buona anche se ristretta. Presente interesse per la mia persona, per le macchinine, i colori, palline, bolle di sapone. Nel suo gioco, anche se ripetitivo e disorganizzato, mi concedeva delle piccole variazioni per iniziare uno scambio relazionale;
● Presente l’aggancio visivo (contatto oculare) anche se intermittente, reazione emotiva alle espressioni facciali, posturali e al tono della mia voce;
● La comunicazione mimica gestuale e prossemica era povera ma richiamava la mia attenzione fisicamente prendendomi il polso, la mano per farmi entrare dentro il suo gioco o mi accompagnava intenzionalmente all’oggetto da lui scelto, motivazione a comunicare intenzioni e necessità fisiologiche come il bere. Il suo corpo non sempre era orientato in relazione al mio;
● Accettazione del contatto fisico;
● Presente il gioco del cucù, apparire e scomparire, presenza minima del gioco simbolico;
● Riconoscimento delle parti del corpo (a volte confuso);
● Linguaggio assente ma presenti vocalizzi;
● Quando non voleva fare o sentire qualcosa si tappava le orecchie o batteva un oggetto sul muro.
Desiderio di relazione
Voglio sbilanciarmi nel dire che Nicolò quasi
da subito, accompagnato alla scoperta dell’ambiente (stanza psicomotricità) e
alla discriminazione sensoriale (gioco sensoriale-senso/motorio), stimolato
nell’interesse, motivazione e condivisione delle emozioni, ha
svelato/mostrato un forte desiderio di comunicare attraverso i vissuti
delle esperienze proposte.
Insieme, dopo pochi mesi, siamo passati da giochi poveri e individuali a giochi
di condivisione di emozioni attraverso la complicità di sguardi, la connessione
delle espressioni del volto, della voce, delle
reazioni toniche e del corpo nella sua globalità, evidenziata dalla comparsa
dell’imitazione dei gesti.
Nicolò ad oggi…
Mostra un’azione intenzionale,
perché ha appreso che le sue azioni suscitano una reazione nell’altro
(terapista) creando dei veri circoli di comunicazione tonico emozionali,
accompagnati da vocalizzi, prime parole, dall’arricchimento mimico gestuale per
dichiarare e richiedere; anche il sì e il no per esprimere un desiderio,
la sua volontà, la sua intenzione ad agire, a fare.
Gradualmente la relazione, gli interessi di Nicolò e la capacità
comunicativa stanno aumentando, mentre stanno diminuendo i
comportamenti ripetitivi e disorganizzati.
La storia di Nicolò cosi come quella di altri miei bimbi, evidenzia come
la Psicomotricità se ben progettata abbia il merito di favorire
interventi “tagliati” sulla persona, “fatti a misura del bambino.
A mio avviso l’intervento psicomotorio deve assolutamente partire dalla
conoscenza reciproca per poi avere gradualmente la possibilità di
strutturare ”esperienze mirate” per “quel” bambino, il
tutto realizzato attraverso i tentativi e gli errori del bimbo
,attraverso i suoi continui aggiustamenti e attraverso piccoli passi che
lo porteranno ad ampliare il suo bagaglio esperienziale,
favoriranno gli apprendimenti, faciliteranno una
modificazione della sua condotta, generalizzando poi il “miglioramento” a
tutti i contesti di vita.