Era la fine degli anni 70 quando alla radio si cercava disperatamente la colonna sonora di Grease, o Figli delle stelle di Alan Sorrenti, passando per Tu di Umberto Tozzi (perché dabadan , dabadan non ha risparmiato nessuno!), ruotando in continuazione quella manopola plasticosa non appena i Disc jockey (all’epoca non si chiamava DJ) ci parlava sopra. Le play list all’epoca si facevano così: restando ore incollati alla radio aspettando di registrare la traccia giusta, senza interruzioni, nella mitica audio cassetta Maxell C60.
In quegli anni e con quella colonna sonora io andavo alle medie, ed ho
sperimentato per la prima volta le pene dell’amore.
Lei si chiamava Erika P., in realtà mi piacevano anche altre ragazze, ricordo
con tenerezza Roberta M. e sua cugina, (o forse è un falso positivo). Ma Erika
aveva rubato il mio cuore. A quell’età non sai nulla della vita, figuriamoci
dell’amore. So solo che ero pazzo di lei. Mi ricordo il cuore che sembrava
uscirmi dal petto ogni volta che la vedevo. Un giorno in particolare restò impresso
indelebilmente nella mia memoria, quando, invitata assieme agli altri amichetti
alla mia festina di carnevale, Erika si presentò vestita da egiziana, con una
lunga tunica bianca merlata d’oro. Aveva un nastro nella fronte e gli occhi
truccati, proprio come Cleopatra. Ancora oggi, a distanza di 40 anni, non so se
fosse davvero lei a muoversi al rallentatore, o se fossi io a dilatare il tempo
quando la vidi. Quegli occhi già bellissimi, esaltati ulteriormente dal trucco restarono
nel mio immaginario per anni. Proprio come accade sempre a quell’età, il mio
desiderio di rendermi interessante mieteva una figuraccia dopo l’altra. Ancora
oggi credo di essere sempre stato trasparente per lei, se non addirittura uno
scemotto, ma per la prima volta nella mia vita sperimentai il desiderio. Non intendo
solo agli ormoni impazziti di cui siamo stati vittime più o meno tutti, ma mi riferisco
al sommo desiderio: la mancanza. La sua mancanza.
L’amore è mancanza. È desiderio per ciò che non si ha. Quando hai qualcosa,
smetti di desiderarla, al massimo arrivi a goderne, ne approfitti; ma così si
passa dal piano irrazionale al quello dell’esperienza. L’Amore invece non può mai
essere razionalizzato. Puoi cercare di sublimarlo in qualche modo: l’arte
risponde proprio a questo impulso. Ma l’Amore resta lì, inaccessibile come ogni
sua cura.
Proprio il ricordo di questo amore inaccessibile, e della sensazione di
mancanza che mi provocava, mi spinge a scrivere una cosa che non piacerà a
molti.
Stiamo perdendo il desiderio, perché siamo abituati ad avere tutto. Proprio
l’inesperienza della mancanza è la prima causa dell’incapacità di amare. Il primo
killer è la tecnologia che soddisfa ogni desiderio.
Intendiamoci, io adoro la tecnologia, ne sono una vittima (consapevole) come
tutti, ma almeno, prima, ho sperimentato quella mancanza. Prima dell’arrivo
perentorio di questo mondo servo-assistito, ho provato quel desiderio
irraggiungibile. Ci ho convissuto, l’ho metabolizzato e sono sopravvissuto ad
esso. Da allora so che posso riuscirci.
Invece questo occidente ci sta viziando un po’ troppo. Ora è tutto
accessibile, sempre, e da subito. Anche la sfera sessuale che ai miei tempi
passava attraverso le foto sbirciate di nascosto delle modelle in lingerie del
catalogo Postalmarket, è stata sdoganata completamente. Non esiste più il
proibito.
Non sono un bacchettone che rimpiange i “bei vecchi tempi”, anzi sono
consapevole delle enormi potenzialità del presente e immagino con meraviglia il
futuro, ma sono solo preoccupato perché non stiamo ponendo nell’educazione la
stessa attenzione che poniamo nella conoscenza. Fateci caso: nessun bambino
d’oggi che io abbia avuto la fortuna di vedere, sperimenta più la noia. Invece
l’esperienza della noia è necessaria perché ci rende consapevoli, e ci insegna
che noi bastiamo a noi stessi. È formativa. Ci induce a creare uno scopo, ancor
prima che a sceglierne uno preconfezionato.
Come un filosofo che ama la verità perché sa di non possederla, e ne sente la
mancanza, io amo l’umanità che fatico a ritrovare.