“E’ questo il problema?”
Non proprio o non del tutto. Con qualche perplessità e non pochi dubbi ho ascoltato il dibattito che accende in questi giorni i media e i confronti televisivi più o meno qualificati.
Non si parla d’altro che dell’inopportunità, oppure no, che medici e infermieri, cioè categorie quotidianamente a contatto anche con soggetti fragili o già debilitati da altre patologie, dell’inopportunità, dicevo, che questi operatori rifiutino il vaccino anti Covid, e questo perché, com’è ovvio, diventerebbero loro stessi un importante veicolo di contagio proprio nei confronti di coloro che dovrebbero curare.
Senza entrare nel merito di questa diatriba, che in realtà mi vede schierato con la libera scelta in materia di vaccino ma anche con la consapevolezza che così facendo ci si dovrà eventualmente astenere dallo svolgere attività a stretto contatto con pazienti e malati in genere, ritengo che si tratti di una scelta che deve essere affrontata con buon senso e con la personale consapevolezza che non ci si può sottrarre alle responsabilità che ciascuno di noi ha nei confronti della collettività cui apparteniamo.
Il punto tuttavia che finora nessuno, mi pare, ha chiarito è un altro, pur essendo prioritario e fondamentale e in grado di far coriandoli di ogni successiva polemica, cioè: “Il vaccino anti Covid, che protegge dal contagio (e questo è ovvio), è in grado anche di evitare che un vaccinato sia comunque portatore-sano del contagio stesso?”
E’ questo il quesito assolutamente da chiarire, e lo è perché, com’è ovvio, se il vaccino tutela solo me ma non chi mi avvicina, il problema cambia moltissimo e diventa anche più complesso rischiando di vanificare non solo buona parte degli sforzi della scienza medica ma anche di smorzare molti entusiasmi costringendo a creare una sostanziale discriminazione di libertà e un solco profondo fra chi è vaccinato e chi non lo è, costretto inevitabilmente a correre da solo contro tutti!
Roberto Timelli