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Come uscirne fuori.

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Ci sono poche cose in cui tutti sono d’accordo. E questa è una.

Un’altra, di grande attualità, su cui sembrano convergere proprio tutti, da credenti ad atei, da scienziati a complottisti, fino ad arrivare ai terrapiattisti e rettiliani, è che l’unico modo per vincere il Covid sarà l’immunità di gregge.

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È una convinzione talmente radicata che a farci un partito politico si vincerebbero le elezioni.

L’unico problema è che per arrivare a questo traguardo si dovrebbero ammalare tutti.

La scienza, che non è infallibile ma la cosa momentaneamente meno falsa che esista (proprio perché si basa su esperimenti oltre che su ipotesi), tenta di venirci in soccorso accelerando il contagio, cercando però di limitare i danni con i vaccini. Qui nascono i problemi proprio perché l’evidenza scientifica non può coprire ogni singolo caso, ma si lavora per approssimazioni. Quello che la gente non capisce è che sono le stesse approssimazioni con cui il vostro pilota vi fa atterrare nell’isola greca in cui state andando in vacanza, con cui il medico vi prescrive un antinfiammatorio e con cui si è stabilito che l’energia nucleare fosse sicura. Tutte approssimazioni che possono fare vittime.

Ma rispetto a tutte queste possibili disgrazie, oggi mettersi in macchina per andare a fare la spesa o al lavoro, è comunque statisticamente un rischio più grande. Ho scritto “oggi” proprio perché anche l’auto e la mobilità subiranno grandi evoluzioni con la guida autonoma e l’intelligenza artificiale probabilmente riducendo quasi a zero, nel futuro, la probabilità di incidenti. Così sarà anche per la medicina, con approssimazioni sempre più basse. Ma ne pagheremo il prezzo. In qualche modo.

È un prezzo che saremmo disposti a pagare? A giudicare da quante auto ci sono in circolazione direi di sì: nessuno rinuncia a spostarsi nonostante muoiano 1.35 milioni di persone ogni anno.

Tuttavia, mentre nella maggioranza dei casi il tentativo di limitare i “danni collaterali” passa attraverso un processo logico, il Covid sembra aver intaccato pesantemente anche la capacità di ragionare. Infatti mentre per le auto, per esempio, si sono introdotte le cinture di sicurezza, barre anti intrusione e tecnologie dei materiali, per il Covid si è trovata una sola soluzione: non vivere.

È come se avessero detto “no!” alle auto, ai farmaci e ai voli aerei, perché sono pericolosi.

Io il Covid l’ho avuto, e non è bello, per nulla. Sono stato fortunato, esattamente come quando esci da un brutto incidente in cui ti sei trovato coinvolto, incolpevolmente. Ho fatto di tutto per evitarlo, ma in strada si sa, non ci sei solo tu.

Ma vorrei capire una cosa. Se per limitare i morti nelle strade è stato obbligatorio inserire le cinture di sicurezza nelle auto, avremmo dovuto aspettare che le mettessero tutti prima di ricominciare a guidare? No. Era logico. Chi le ha montate può tornare in strada. Appunto, ERA logico.

Col Covid la logica non esiste. Se io ho fatto il vaccino, o sono immune per aver avuto la malattia, sono recluso ed ho le stesse limitazioni, esattamente come gli altri! Doppia beffa! Ho giocato alla roulette russa con la vita, ho vinto, ma solo sulla carta. Se il piano vaccinale procedesse a ritmi che ci si aspetterebbero in un paese evoluto non sarebbe un problema aspettare tutti, ma poiché le previsioni parlano di 17 mesi (e si tratta di una sottostima) dall’inizio, direi che sarebbe il caso di riattivare i processi logici.

Vorrei che qualche politico illuminato mi spiegasse perché 10 amici, tutti immunizzati, non potrebbero, per esempio, andare in un ristorante per la gioia loro e del ristoratore!

A distanza di un anno si sta “ipotizzando” il passaporto vaccinale? Ridicoli. Doveva essere la prima cosa a cui pensare. Invece di pagare qualcuno che prende la temperatura con i termometri da 4 euro comprati su Amazon, basta un’App con un lettore di QR code (generato a doppio fattore, con tecnologie disponibili e sicure) che identifica se sei immunizzato o vaccinato leggendo i dati da una banca dati unificata. Invece abbiamo le ULSS che non riescono nemmeno ad intrecciare i dati sanitari tra loro! Ridicoli! Lo avevo già scritto in un articolo il 30 dicembre scorso (LA SALVEZZA).

Non c’è logica in nulla. Persino nel migliore dei casi vissuto personalmente, vi racconto come ho fatto per prenotare un tampone molecolare a pagamento in una delle strutture meglio organizzate. Nel sito della società si può facilmente accedere alla sezione “Tamponi” e verificare la disponibilità al prelievo (in tempo reale) col un calendario diviso per fasce orarie. Fantastico.

Procedo e inserisco come richiesto, nome, cognome, codice fiscale, e mail per la lettura del referto on line. Mi arriva subito la conferma dell’appuntamento con l’orario scelto e con un codice. Fantastico.

Mi reco nella struttura non più di 5 minuti prima come espressamente richiesto e all’ingresso trovo una signorina gentilissima che mi chiede di igienizzare le mani prima di tutto, poi, una volta presa la mia temperatura e identificato il mio codice con la mia prenotazione mi consegna un foglio da compilare con una penna.

Chissà cosa mi chiederanno? Gli stessi dati che avevo scritto personalmente e con cui avevo fatto la prenotazione il giorno prima!

Vabbè, non voglio polemizzare e una volta compilato il questionario aspetto il mio turno per pagare allo sportello. Un po’ meno fantastico, un po’ più italico.

Arrivo di fronte allo sportello, e consegnato il foglio la signorina cosa fa? Riscrive gli stessi dati al PC, copiandoli dal foglio di carta! Gli stessi dati che avevo scritto per la prenotazione nel loro sito.

A questo punto nulla è fantastico, ma totalmente illogico!

Devo dire che la gentilezza del personale, e la velocità del referto sono stati di prim’ordine, e torno a sottolineare che si tratta sicuramente del miglior servizio tamponi che abbia provato, ma perché non fare quel passo in più? Eviterebbe possibili errori di copiatura, tempo, carta e penne che passano fra le mani di persone possibilmente infettive. Insomma la logica, dov’è finita?

Questo non smetterà mai di farmi arrabbiare.

La civiltà di un paese non ha nulla a che vedere con la sua efficienza, ma se da un lato l’una passa attraverso l’educazione dei cittadini, l’altra ne certifica l’inadeguatezza.

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