Un vento gelido di chiusure ha spazzato l’Italia nell’ultimo anno, lasciando dietro di sé non solo saracinesche abbassate, ma anche un tessuto economico e sociale sfilacciato. Mentre le grandi narrazioni continuano a dipingere un quadro di resilienza e ripresa, la realtà, osservata da vicino, è quella di una miriade di piccole e medie imprese che hanno gettato la spugna, soffocate da costi insostenibili, burocrazia elefantiaca e una domanda interna ancora troppo timida.
Non si tratta solo di numeri, purtroppo inesorabili nel segnalare un’emorragia di attività commerciali, artigianali e di servizi. Dietro ogni chiusura, c’è una storia di sacrifici, di sogni imprenditoriali naufragati, di famiglie che vedono il proprio sostentamento vacillare. Intere comunità locali si ritrovano orfane di quei presidi economici e sociali che davano vitalità ai centri urbani e ai piccoli paesi.
Certo, le cause sono molteplici e complesse. La coda lunga di crisi globali, l’impennata dei costi energetici e delle materie prime, un sistema fiscale percepito come oppressivo e una concorrenza sempre più agguerrita hanno giocato un ruolo determinante. Ma forse, ciò che grida vendetta è la sensazione di essere stati lasciati soli, di non aver ricevuto quel sostegno concreto e tempestivo che avrebbe potuto fare la differenza tra la sopravvivenza e la chiusura definitiva.
Le promesse di semplificazione e di alleggerimento della pressione fiscale sembrano spesso scontrarsi con una realtà fatta di adempimenti complessi e di una burocrazia che non sempre si dimostra amica delle imprese. L’innovazione e la digitalizzazione, spesso indicate come vie d’uscita, richiedono investimenti e competenze che molte piccole realtà non possono permettersi.
Allora, cosa resta? Resta l’amarezza per un potenziale inespresso, per un tessuto produttivo che ha fatto la storia del nostro Paese e che ora rischia di sfilacciarsi ulteriormente. Resta la necessità di un cambio di passo radicale, di politiche economiche che mettano al centro il sostegno reale alle imprese, la semplificazione burocratica e la creazione di un ambiente in cui fare impresa non sia una battaglia quotidiana contro ostacoli insormontabili.
Perché dietro ogni serranda abbassata, non c’è solo un’attività che muore, ma un pezzo del cuore pulsante dell’Italia che smette di battere. E questo, in un Paese che si definisce la culla dell’ingegno e della creatività, è una sconfitta per tutti.