Jacques Loewe, fotografo, ancora poco conosciuto, fu incaricato nel 1960 da Joe Kennedy di ritrarre la vita del figlio, John Fitzgerald, ormai candidato alla Casa Bianca. Foto, che avevano lo scopo di raccontare la vita privata di John, dalla campagna elettorale – quando era ancora uno sconosciuto rampante del Massachusetts – sino al drammatico giorno del suo omicidio, il 22 novembre 1963.
Perfino la storia di queste immagini fotografiche, come tutto in questa vicenda, fu travagliata e ben poco banale. Loewe mise al sicuro le diapositive degli scatti nella cassetta di sicurezza di una banca posta proprio sotto una delle Torri Gemelle. Ovviamente, in seguito all’attentato dell’11 settembre, il materiale andò distrutto mentre il fotografo era morto proprio alcuni mesi prima, nel maggio del 2001!
Perdute per sempre, dunque? Non proprio.
Polluce e i ‘Gemelli’
John Kennedy, così come la sua amante Marilyn Monroe, ambedue “Gemelli”, nati a fine maggio l’uno e il 1 giugno l’altra, possedevano la stella dell’immortalità, Polluce, collocata esattamente sul loro Medio Cielo, a indicare la capacità di vivere in modo che travalica questa vita e quindi con la possibilità di rimanere ‘vivi’, comunque, nel tempo.
Ecco, dunque, che anche la vicenda delle fotografie sembra porsi in linea con un destino che non poteva tollerare che JFK cadesse nell’oblio. E, con lui, l’indimenticabile Marilyn, la sua amante designata dalle stelle!
Foto, tante foto!
Jacques Loewe,dunque, il fotografo di fiducia della famiglia
più celebre d’America, aveva documentato la vita pubblica
e privata del Presidente giorno per giorno.
Tutto era iniziato con una inattesa telefonata, a notte fonda, giunta nello studio del giovane Jacques, ebreo tedesco sfuggito per un soffio alla Shoah, e condannato a vivere un’infanzia di terrore fra nascondigli e spostamenti da un continente all’altro. Anche in America la sua vita fu inizialmente caratterizzata da faticosi tentativi di crearsi una immagine che gli consentisse di far apprezzare la sua professionalità.
Poi, una notte di settembre del 1958, lo squillo del telefono.
«Parlo con il signor Lowe?»
«Sì» risponde diffidente.
«Sono Joe Kennedy».
Da non crederci: uno scherzo…?
«No, dico sul serio. Mio figlio Bob mi ha regalato le foto che lei ha scattato alla sua famiglia: sono le più belle che abbia mai visto.»
Silenzio.
«Voglio che fotografi anche l’altro mio figlio.»
«Quale?»
«John.»
Due giorni più tardi Lowe iniziò il suo lavoro ritraendo un riluttante John, senatore del Massachusetts, in corsa per il secondo turno.
Poco dopo, quando John stravince
e diventa un serio candidato democratico
alle presidenziali del ’60, Lowe viene incaricato di testimoniare la sua ascesa,
e rimarrà accanto al futuro presidente in ogni momento della sua vita pubblica
e privata, fino all’ingresso alla Casa Bianca e ancora oltre.
Quando, anni dopo, Lowe lascia lo Studio Ovale, ha ormai 40 mila preziosissimi scatti. Immagini simbolo di un’epoca mescolati a ritratti privati, che circolano solo tra pochi intimi. Il loro valore è inestimabile e Jacques decide di proteggere quei preziosi negativi conservandoli in una cassaforte della Chase Manhattan Bank, al piano terra di una delle Torri Gemelle. Lowe muore nel maggio 2001: quattro mesi prima del fatale 11 settembre.
11 Settembre 2001
Nel suo studio, quel giorno, c’era la figlia
Thomasina, che, messasi in salvo, ritroverà poi intatta la cassaforte sotto le
macerie.
Ma conteneva solo un pugno di ceneri: il fuoco l’aveva resa una fornace mandando
in fumo l’inestimabile testimonianza di un’era.
Dalla distruzione, tuttavia, si erano salvate, e proprio a Ground Zero, nel vicino studio di Lowe,1500 provini e stampe che il fotografo aveva conservato a parte: immagini danneggiate e rovinate dal tempo e dall’uso, stropicciate, annotate, troppo mal ridotte per poterle utilizzare.
Finché, e siamo ai tempi nostri, le nuove e moderne tecnologie hanno consentito di restaurarle con un intervento complesso e costoso che le ha rese finalmente utilizzabili. Ma, purtroppo, nessuna foto indiscreta, né dal punto di vista personale, né da quello politico e ufficiale.
Neanche una foto, dunque, con Marilyn Monroe?
«Papà fotografò la diva, ma non mise mai in vendita quei ritratti splendidi» svela Thomasina. «Per non contribuire ai pettegolezzi su una dinastia che gli aveva spalancato, a soli 28 anni, le stanze dei bottoni.»
John e Marilyn
Come emerge dalle carte desecretate un paio di anni fa, Marilyn Monroe amava “mister President”, cioè John Kennedy, col quale ebbe una relazione per circa due anni. Ambedue, come detto, del segno dei Gemelli, incarnano il comporsi di due personalità accomunate, nel dramma della loro fine, da estro e grandi capacità prive tuttavia di prudente discernimento.
«Happy birthday to you, Happy birthday Mr. President…» cantava Marilyn Monroe il 29 maggio 1962 al Madison Square Garden di New York, per festeggiare il quarantacinquesimo compleanno di John Fitzgerald Kennedy.
In quel caso, tuttavia, l’evento si discostò dal glamour del mito hollywoodiano, per intrecciarsi con la storia occulta della Guerra Fredda e delle molte congiure di quel tempo, dentro una delle quali potrebbe celarsi la verità sulla tragica morte della stessa Monroe, avvenuta di lì a qualche mese, nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1962.
Suicidio oppure…
Il presunto omicidio, mascherato da suicidio, è stato il tragico
effetto collaterale di qualcosa di complesso che avrebbe potuto includere le
attività della Cia, la crisi cubana e la lotta alla criminalità organizzata da
Bob Kennedy?
Tutta la carriera di Marilyn Monroe, si è consumata nella fase più acuta
della Guerra Fredda, che spesso aveva interferito anche nelle vicissitudini
personali della diva.
Nel 1954, a Seul, dove si recò per tenere alto il morale dei marines che combattevano in Corea, di fronte al loro comprensibile entusiasmo dichiarò: «È stato forse l’unico momento della mia vita in cui mi è parso di essere realmente utile a qualcuno».
L’ennesima manifestazione del bisogno di affetto di una personalità molto tormentata.
Il grande Frank
Fatale, sul percorso che doveva condurre alla sua fine, fu l’amicizia con Frank Sinatra. I ben noti addentellati di The Voice con il mondo italo-americano, giocarono, probabilmente, un ruolo essenziale per l’elezione di Kennedy alla Casa Bianca.
In ogni caso, Sinatra favorì non poco l’idillio fra la diva e il
Presidente.
Ma l’attrice fu presentata a John F. Kennedy quando questi era ancora senatore
dall’attore inglese Peter Lawford, marito di Patricia Kennedy, un’altra sorella
del futuro Presidente.
Quando dunque si svolse la festa di compleanno al Madison, l’attrice conosceva
il Presidente da ben due anni. Al punto di potersi permettere severi giudizi
sul temperamento troppo freddo e calcolatore della First Lady, Jacqueline
Bouvier Kennedy. «Quel pezzo di ghiaccio», la definì, convinta che
avesse sposato Kennedy solo per una felice intuizione sul futuro brillante
dell’uomo.
Quel giorno Jacqueline non c’era e, dopo il numero della Monroe, John si appartò a un tavolo con l’attrice e amante.
Amante ancora per poco, però: poche settimane dopo, John decise infatti di ‘scaricare’ l’attrice, mandando il fratello Bob a svolgere il compito che, a quanto pare, svolse per l’intera durata dell’amministrazione, quello di “ripara guai”. Un sorta di ‘aggiustatutto’ presidenziale, capace di rimediare ai passi falsi del fratello, sia nell’intricato labirinto di Washington e della scena internazionale, sia nell’alcova sempre affollata di John.
Moderna Cleopatra?
In questo caso, comunque, il “riparatore” si ritrovò oggetto d’amore, come dimostra il fatto che proprio Bob fu l’ultimo amante di Marilyn.
Ecco, allora, rinforzarsi la tesi della cospirazione ai danni dell’attrice: cosa sarebbe successo se, durante la sua relazione con la Monroe, Bob Kennedy si fosse lasciato sfuggire indiscrezioni sugli eventi complessi e intricati di quel tribolato periodo, costellato da crisi internazionali e pericolosi focolai innescati dai nemici sovietici?
Ecco, nei fatti, diventare concreta la necessità di coprire la relazione della Monroe con Bob Kennedy, il fratello minore di John Fitzgerald e da questi voluto nella carica di Ministro della Giustizia.
Certo, non vi sono certezze. Tuttavia la scena e le circostanze della sua fine non convinsero mai completamente.
Perché, se era morta a mezzanotte, il dottor Ralph Greenson, psichiatra, e Eunice Murray, un’infermiera diplomata che lavorava da poco per la Monroe, chiamarono la polizia solo alle 4 del mattino?
Che cosa ci faceva uno psichiatra e non un medico generico a casa dell’attrice?
Era solo una coincidenza che un figlio della Murray fosse agente della CIA?
Ma non basta…
Sotto il profilo necroscopico poi, le incongruenze furono molte.
Causa ufficiale della morte di Marilyn Monroe furono il nembutal e l’idrato di
cloralio. Ma il dottor Thomas Noguchi, che effettuò l’autopsia, non trovò
tracce di queste sostanze nell’apparato digerente della donna.
Quali furono, infine, gli esecutori e i mandanti?
Le ipotesi fin qui emerse sono tre.
La prima è quella di una responsabilità diretta dei Kennedy per scongiurare le minacciate dichiarazioni pubbliche della Monroe sui suoi legami ‘preferenziali’ con la Casa Bianca.
La seconda vede in azione la Cia, che attraverso le intercettazioni ha scoperto che l’attrice conosce troppe “sporche faccende” grazie alle sue confidenze con Bob.
La terza, più elaborata, chiama in causa la mafia e una complessa messinscena secondo la quale Marilyn sarebbe stata imbottita di barbiturici per inscenarne un tentativo di suicidio e filmare poi la scena con la presenza di uno sconvolto Bob Kennedy!
Dopo la pubblicazione delle carte secretate, inoltre, la morte della Monroe viene da molti collegata all’assassinio di Kennedy. Come?
Ecco una domanda che aspetta ancora una risposta…
Roberto Timelli