Il dubbio è il peggior nemico dell’atleta.
Il dubbio è il miglior amico del filosofo.
L’atleta non deve fare il filosofo (?)
Questo semplice e sciocco sillogismo evidenzia che spesso ambiti di vita diversi prevedono approcci diversi, in relazione agli obbiettivi che si hanno.
È ovvio che per ottenere il massimo in una competizione sportiva devi essere convinto di vincere, tuttavia (nel tennis per esempio) è dimostrato che talvolta, quando non si ha alcuna aspettativa di vittoria, l’essere liberi di esprimere al meglio il proprio gioco, incuranti del risultato, possa incredibilmente portare anche ad una vittoria inaspettata, contro ogni pronostico. Succede negli sport individuali in cui la componente di “intelligenza tattica” ha un certo peso, proprio come nel tennis.
Quindi spesso conviene entrare in campo rilassati, senza la smania di vincere a tutti i costi, ma con la voglia di esprimere al massimo il proprio gioco, e magari imparare anche qualcosa dall’avversario. La singola vittoria ottenuta giocando male non è detto che sia migliore (in valore assoluto) di un’onorevole sconfitta, che potrebbe portarci a vincere di più, ma in seguito. Ogni atleta racconta di aver imparato molto più dalle sconfitte che dalle vittorie.
Questo accade anche nella vita.
Nell’esprimere le opinioni, abbiamo spesso a che fare con “avversari” di cui non conosciamo il valore, ma la nostra indole da atleta ci illude di “dover” vincere. Il risultato è che, siccome a nessuno piace perdere, nella maggioranza dei casi la partita venga abbandonata dando la colpa all’arbitro, o per manifesta inferiorità. In questo modo, le schermaglie di cui sono pieni i Social, diventano un pessimo spettacolo sia per chi legge che per chi scrive. Questo è il motivo per cui nei tornei “veri” ci sono le qualificazioni e le graduatorie.
Ciccio Sugaman non potrà mai trovarsi a giocare al centrale di Wimbledon con Nole Djokovic, per fortuna di entrambi …e nostra. Ma questo non significa certo che il buon Ciccio non possa giocare a tennis. Anzi, solo giocando potrà migliorare, magari però lo farà nel torneo parrocchiano di Anguillara, non a Wimbledon.
Invece nel mare di Facebook nessuno si preoccupa di giocare con avversari del proprio livello. Pensate che stia dicendo un’assurdità? Che tutti possano e debbano esprimere le proprie opinioni sempre e in qualsiasi modo?
Giustissimo, sono d’accordo al 1000/1000. Ma nel momento in cui sfidate qualcuno a “singolar tenzone” in una disputa dialettica di qualsivoglia natura, rilassatevi! Giocate meglio che potete, senza badare al risultato.
Vincere (avere ragione) non è sempre alla vostra portata. Non escludete mai che quello dall’altra parte della tastiera potrebbe essere il Djokovic di turno, pronto a farvi fare una figura barbina. Ma se giocherete al meglio, alla fine potreste andare verso la rete col sorriso e stringere la mano all’avversario, con la consapevolezza di aver offerto lo spettacolo migliore possibile, e magari avendo imparato qualcosa.
Chi è convinto di mettere in dubbio tutto, spesso si dimentica di mettere in dubbio sé stesso.